Mi è capitato spesso di perdonare le persone solo perché non volevo che uscissero dalla mia vita. Continuavo a sopportare ogni minima...
per quasi tutta la vita / ho nascosto la mia pazzia / dentro di me / ma è qui, esiste / per esempio / un tale / uomo o donna / mi sta parlando di una certa cosa, bé / quando inizia a rompermi l’anima / con i soliti luoghi comuni / me lo immagino / con la testa sul ceppo della ghigliottina / oppure dentro un enorme tegame / a friggere e intanto mi guarda / con occhi terrorizzati / il fatto è / che ho dei problemi / con gli esseri umani / gli animali li adoro / non mentono mai / e di rado tendono d'aggredirti / a volte fanno i furbi / ma questo è tollerabile / non vi sembra?
L’amore è una forma di pregiudizio. Si ama quello di cui si ha bisogno, quello che ci fa star bene, quello che ci fa comodo. Come fai a dire che ami una persona, quando al mondo ci sono migliaia di persone che potresti amare di più, se solo le incontrassi? Il fatto è che non le incontri.
Vi sono brave donne a questo mondo. Io ne ho perfino conosciute due o tre. Poi ci sono le altre, un altro genere.
Al manicomio c’era una parte, A1 A2 A3 e così via, il padiglione uomini. Da quell'altra c’era dove tenevano le donne: B1 B2 B3 eccetera. Però a un certo punto avevano deciso, per motivi terapeutici, di lasciarci mischiare ogni tanto. E come terapia non c’era male: chiavavamo come ricci nei sgabuzzini, fuori in giardino, dietro il granaio, da qualsiasi parte. Molte di quelle donne erano là perché si fingevano pazze perché i loro mariti le avevano scoperte sul fatto con altri uomini, ma tiravano a fregare: si facevano ricoverare onde muovere il merlo a pietà, per poi uscire e ricominciare daccapo. Quindi tornavano dentro, riuscivano fuori, e così via. Ma durante la degenza, quelle donne dovevano pure pigliarlo in corpo, così noi facevamo del nostro meglio per accontentarle. Manco a dirlo il personale sanitario era occupatissimo (i dottori a scoparsi le infermiere, le inservienti a farsi fottere dai portantini) e nessuno s’accorgeva di niente. Questo ci stava bene.
Una volta mi fu affidato il compito di mungere le vacche. Mi piaceva menar tutte quelle tette di vacche. E mi misi d’accordo con Mary, una mattina, che venisse a trovarmi nella stalla. C’era tutta quella paglia nel granaio. Che bello, che pacchia. Stavo mungendo una vacca, quando Mary sbuca fuori da dietro alla vacca. “Facciamo l’amore, Pitone.” Mi chiamava Pitone. Non so mica perché. Forse mi scambiava per Pulon? Pensavo a volte. Ma a che serve pensare? Solo a farti passare i guai.
Ero sposato da 2 anni con la mia prima moglie quando, una sera, arriva gente. Io attacco a presentarli:
“Questi è Louis la mezzasega, questa è Marie la Regina dei pompini, questi è Nick il cazzabbubbolo.” e a loro gli dicevo: “Questa è mia moglie… questa è mia moglie… questa è…” Alla fine la guardo e gli fo, “Ma si può sapere COME CAZZO TI CHIAMI?”
Su milioni di donne che vedi, ogni tanto ce n’è una che ti fa stravedere. Costei ha qualcosa (sarà per le sue forme o per come si muove, o per via del vestito che indossa) ha qualche cosa che ti frega.
Buona parte d’ogni giorno la trascorrevamo al parco, a guardare le anatre. Mi dovete credere, quando sei mal di arnese per il troppo bere e il mal mangiare, e sei stracco di scopare per cercar di scordare, non c’è niente di meglio delle anatre. Voglio dire, di casa bisogna che tu esca, sennò ti viene la malinconia e magari sei tu, il prossimo che si butta dalla finestra. È più facile di quanto non possiate figurarvi. Così Linda e io andavamo a sederci su una panchina, a guardare le anatre. Le anatre se ne fregano – niente affitto, niente vestiti, da mangiare a stufo – e nuotano di qua e di là, cagando e starnazzando.
Sarah mi ridusse alla statura di sei pollici. Mi portava con sé a far la spesa nella sporta. M’affacciavo a guardare la gente attraverso dei buchi che lei ci aveva fatti. Devo dire una cosa, a suo favore: mi lasciava sempre bere la mia birra. La bevevo in un ditale. Un litro mi durava più d’un mese. Ai vecchi tempi lo facevo fuori in 45 minuti. Ero rassegnato. Sapevo che, se l’avesse voluto, m’avrebbe potuto svanire del tutto. Meglio 6 pollici che niente.
Lasciare mia moglie con questa pila di niente. Però vorrei che lei sapesse che tutte le notti dormite accanto a lei, anche le discussioni inutili, erano sempre cose splendide. E le più difficili delle parole che ho sempre avuto paura a dire ora possono essere dette: TI AMO.
Le risposte di Bukowski sono tratte da Musica per organi caldi, Universale Economica Feltrinelli, 1985; Storie di ordinaria follia, Universale Economica Feltrinelli, 1978; Evita lo specchio e non guardare quando tiri la catena, minimum fax, 2002.