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Troppe persone che si credono i migliori…
L’hai amata, vero?
“L'hai amata, vero?” Lui sospirò “Come posso risponderti? Lei era matta” Sì passò la mano tra i capelli “Dio se era tutta matta. Ogni giorno era una donna diversa
Una volta intraprendente, l'altra impacciata. Una volta esuberante, l'altra timida. Insicura e decisa. Dolce e arrogante. Era mille donne lei, ma il profumo era sempre lo stesso. Inconfondibile. Era quella la mia unica certezza.... Mi sorrideva sapeva di fregarmi con quel sorriso.
Quando sorrideva io non capivo più nulla. Non sapevo più parlare ne pensare. Niente, zero. C'era all'improvviso solo lei. Era matta, tutta matta. A volte piangeva. Dicono che in quel caso le donne vogliono solo un abbraccio. Lei no. Lei si innervosiva. Non so dove si trova adesso ma scommetto che è ancora alla ricerca di sogni. Era matta tutta matta. Ma l'ho amata da impazzire". (Charles Bukowski)
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Il capitano è fuori a pranzo (Cit.)
Il capitano è fuori a pranzo
Un diario di vita che si snoda tra l'estate del 1991 e l'inverno del 1993, poco prima che Capitan #Bukowski venga meno. Il tema è la morte, attesa senza rimorsi e con irriverenza perché la cosa terribile non è la morte, ma la vita che la gente non vive. Eppure c'è qualche rammarico: lasciare il mondo, lasciare la scrittura. Nei pensieri del suo diario di bordo, il Capitano ne ha per tutti: filosofi, poeti giornalisti, fotografi, musicisti, poliziotti e Hollywood intera. Salva la moglie che lo assiste, la musica di Mahler, il computer, medium ermetico che accudisce il flusso dei pensieri, le corse di cavalli.
Il capitano è fuori a pranzo [Cit.]
- I soldi hanno solo due cose che non vanno: o sono troppi o sono troppo pochi. (29/8/91, 10:55 PM; 2000, p. 9)
- La maggior parte della gente non è preparata alla morte, alla propria o a quella di chicchesia. Ne sono scioccati, terrorizzati. È come una grossa sorpresa. Che diavolo, non dovrebbe esserlo. Io mi porto la morte nel taschino. A volte la tiro fuori e le parlo: "Ciao bella, come va? Quand'è che vieni a prendermi? Sono pronto".
Nella morte non c'è niente di triste, non più di quanto ce ne sia nello sbocciare di un fiore. La cosa terribile non è la morte, ma le vite che la gente vive o non vive fino alla morte. Non fanno onore alla propria vita, la pisciano via. La cagano fuori. Muti idioti. Troppo presi a scopare, film, soldi, famiglia, scopare. Hanno la testa piena di ovatta. Mandano giù Dio senza pensare, mandano giù la patria senza pensare. Dopo un po' dimenticano anche come si fa a pensare, lasciano che siano gli altri a pensare per loro. Hanno il cervello imbottito di ovatta. Sono brutti, parlano male, camminano male. Gli suoni la grande musica dei secoli ma loro non sentono. Per molti la morte è una formalità. C'è rimasto ben poco che possa morire. (12/9/91, 11:19 PM; 2000, p. 13) - Per me scrivere è volare, è accendere un fuoco. Per me scrivere è tirare fuori la morte dal taschino, scagliarla contro il muro e riprenderla al volo. (12/9/91, 11:19 PM; 2000, p. 14)
- La cosa migliore è essere soli ma mai veramente soli. (13/9/91, 5:28 PM; 2000, p. 16)
- Sapere che c'è una via d'uscita ti aiuta a restare dentro. Mi spiego? Altrimenti sarebbe la follia. (13/9/91, 5:28 PM; 2000, p. 17)
- Chi ha inventato la scala mobile? Gradini che si muovono. Poi si parla di pazzi. Gente che va su e giù per le scale mobili, negli ascensori, che guida automobili, le porte dei garage che si aprono schiacciando un pulsante. Poi vanno in palestra per smaltire il grasso. Fra quattromila anni non avremo più le gambe, strisceremo direttamente sul culo, o forse rotoleremo come matasse di rovi. (26/9/91, 11:36 PM; 2000, p. 28)
- Dev'essere strano vivere con me. È strano per me. (15/10/91, 12:55 PM; 2000, p. 53)
- A volte mi sento come fossimo tutti prigionieri di un film. Sappiamo le battute, sappiamo dove metterci, come recitare, manca solo la macchina da presa. Però non possiamo uscire dal film. Ed è un brutto film. (31/10/91, 12:27 AM; 2000, p. 63)
- Il fatto è che prendere il culo e portarlo un po' fuori da qui mi costringe a guardare l'Umanità e quando guardi l'Umanità devi PER FORZA reagire. È tutto troppo, un horror show continuo. Sì, laggiù mi annoio, sono terrorizzato, ma per il momento mi sento anche una specie di studioso. Uno studioso dell'inferno. (31/10/91, 12:27 AM; 2000, p. 64)
- Non amo particolarmente la gente. Più lontano ne sto e meglio mi sento. (3/11/91, 12:48 AM; 2000, p. 69)
- Non è una gara. Non ho mai desiderato la fama o i soldi. Desideravo buttar giù le parole come volevo io, tutto qua. E dovevo buttarle giù, se no mi prendeva qualcosa che era peggio della morte. Le parole non come qualcosa di prezioso, ma come qualcosa di necessario. (23/6/92, 12:34 AM; 2000, p. 99)
- Per essere uno scrittore istintivamente fai ciò che nutre te e le parole, che ti protegge contro la morte in vita. Per ognuno è una cosa diversa. E per ognuno è una cosa che cambia. Per me una volta significava bere tantissimo, bere fino a uscire pazzo. Mi affilava le parole, le portava fuori. E avevo bisogno di pericolo. Avevo bisogno di mettermi in situazioni pericolose. Con gli uomini. Con le donne. Con le automobili. Con il gioco. Con la fame. Con qualsiasi cosa. Nutriva le parole. Per decenni è stato così. Ora è cambiato. Ora ho bisogno di qualcosa di più sottile, di più invisibile. È una sensazione nell'aria. Parole dette, parole sentite. Cose viste. Qualche bicchiere mi serve sempre. Ma ora cerco le sfumature e le ombre. Le parole mi vengono da cose di cui sono quasi inconsapevole. Va bene. Ora scrivo porcherie di genere diverso. Qualcuno se n'è accorto.
"Hai sfondato il muro," è ciò che mi dicono quasi sempre.
Capisco perfettamente quello che sentono. Lo avverto anch'io. Le parole sono diventate più semplici ma allo stesso tempo più calde, più scure. Mi alimento a nuove fonti. La vicinanza con la morte rinvigorisce. Ho tutti i vantaggi. Riesco a vedere e sentire cose che ai giovani sono nascoste. Sono passato dall'energia della gioventù a quella della vecchiaia. (23/6/92, 12:34 AM; 2000, pp. 100-101) - La razza umana esagera tutto: i propri eroi, i propri nemici, la propria importanza. (24/8/92, 12:28 AM; 2000, p. 105)
- Lo sapevate che i gatti dormono venti ore su ventiquattro? Non c'è da stupirsi che abbiano un aspetto migliore del mio. (24/8/92, 12:28 AM; 2000, p. 106)
- "Mi scusi," ha detto, "lei è Charles Bukowski?"
"Charles Darwin," ho risposto e l'ho piantato lì. (21/2/93, 12:33 AM; 2000, p. 132) - Perché le persone interessanti sono così poche? Con tanti milioni, perché sono così poche? Dobbiamo continuare a vivere con questa specie noiosa e monotona? Sembra che il loro unico gesto sia la Violenza. In quello sono bravissimi. Brillano. Luccicore di merda, che ci ammorba ogni possibilità. Il problema è che devo continuare a interagire con loro. Almeno se voglio che le luci continuino ad accendersi, che mi riparino il computer, se voglio tirare lo scarico del cesso, se devo comprare le gomme nuove, farmi togliere un dente o farmi tagliare la pancia, devo continuare a interagire. Ho bisogno di quegli stronzi per le piccole necessità, anche se loro, in sé, mi fanno inorridire. E inorridire è una parola gentile.
Ma mi martellano la coscienza con i loro fallimenti in aree vitali. Tutti i giorni, per esempio, mentre vado alle corse continuo a sintonizzare la radio su stazioni diverse in cerca di musica, musica decente. È tutta brutta, piatta, senza vita, stonata, fiacca. Eppure alcune di queste composizioni si vendono a milioni e i loro creatori si considerano veri "artisti". È porcheria, porcheria orribile che entra nella testa dei giovani. A loro piace. Cristo, dagli merda e mangeranno merda. Non sono capaci di distinguere? Non sono capaci di ascoltare? Non sentono che è sciacquetta, roba vecchia? (27/2/93, 12:56 AM; 2000, p. 135) - Pensate a tutte le persone che in vita loro non hanno mai sentito musica decente. Non c'è da meravigliarsi che le loro facce cadano a pezzi, non c'è da meravigliarsi che uccidano senza pensarci due volte, non c'è da meravigliarsi che non abbiano cuore. (27/2/93, 12:56 AM; 2000, p. 137)
- A uccidere i dinosauri fu il fatto che si mangiarono tutto quello che avevano intorno, poi si mangiarono fra di loro e quando ne restò uno solo quel figlio di puttana semplicemente morì di fame. (p. 30)
- L'autostrada ti ricorda sempre un po' com'è la gente. È una società competitiva. Vogliono che tu perda così possono vincere loro. E una questione innata e in autostrada viene fuori. Quelli che vanno piano vogliono bloccarti, quelli che vanno forte vogliono superarti. (p. 85)
- Io mi tengo sui centodieci, così sorpasso e vengo sorpassato. Quelli che vanno forte non sono un problema. Gli faccio strada e li lascio andare. Sono quelli lenti che mi irritano, quelli che si piantano a novanta all'ora sulla corsia di sorpasso. E a volte non c'è verso di passare. (p. 85)
- Insomma, non sono riuscito ad ammazzarmi a forza di bere. Ci sono andato vicino, ma non ci sono riuscito. Ora merito di vivere con quello che resta. (p. 104)
- Posso sempre scrivere delle corse, quel grande buco vuoto di niente. (p. 105)
- Agli scrittori piace soltanto la puzza dei propri stronzi.
- Il capitalismo è sopravvissuto al comunismo. Bene, ora si divora da solo.
- Il miglior lettore e il miglior essere umano sono quelli che mi fanno la grazia della loro assenza.
- Nella prossima vita voglio essere un gatto. Dormire venti ore al giorno e aspettare che ti diano da mangiare. Starsene seduti a leccarsi il culo. Gli umani sono dei poveretti, rabbiosi e fissati.
- Non ho mai trovato un vero amico. Con le donne, ogni volta era una nuova speranza, ma quello succedeva i primi tempi. Lo capii subito, smisi di cercare la "ragazza dei sogni"; me ne bastava una che non fosse un incubo.
- Tutti dobbiamo morire, tutti quanti, che circo! Non fosse che per questo dovremmo amarci tutti quanti e invece no, siamo schiacciati dalle banalità, siamo divorati dal nulla.
- Non mi fido molto delle statistiche, perché un uomo con la testa nel forno acceso e i piedi nel congelatore statisticamente ha una temperatura media.
- Il mondo vivrebbe molto più facilmente senza libri che senza fogne. E ci sono posti sulla terra dove ce ne sono pochi degli uni e poche delle altre. Io naturalmente preferirei vivere senza fogne, ma io sono malato. Eppure mi alzo e mi sento un guscio vuoto.
- Certe volte questa stanza è l'unico posto dove voglia stare. Eppure mi alzo, e mi sento un guscio vuoto.
- Non so gli altri, ma io al mattino quando mi chino per allacciarmi le scarpe penso: Cristo Onnipotente, e ora? La vita mi fotte, non ce la intendiamo. Devo prenderla a piccole dosi, non tutta assieme.
Il Capitano è fuori a pranzo
Charles Bukowski - Official Italian Profile
Il capitano è fuori a pranzo:
Un diario di vita che si snoda tra l'estate del 1991 e l'inverno del 1993, poco prima che Capitan Bukowski venga meno. Il tema è la morte, attesa senza rimorsi e con irriverenza perché la cosa terribile non è la morte, ma la vita che la gente non vive. Eppure c'è qualche rammarico: lasciare il mondo, lasciare la scrittura. Nei pensieri del suo diario di bordo, il Capitano ne ha per tutti: filosofi, poeti giornalisti, fotografi, musicisti, poliziotti e Hollywood intera. Salva la moglie che lo assiste, la musica di Mahler, il computer, medium ermetico che accudisce il flusso dei pensieri, le corse di cavalli. CONTINUA A LEGGERE ⬅
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- I soldi hanno solo due cose che non vanno: o sono troppi o sono troppo pochi.
- Per me scrivere è volare, è accendere un fuoco. Per me scrivere è tirare fuori la morte dal taschino, scagliarla contro il muro e riprenderla al volo.
- La cosa migliore è essere soli ma mai veramente soli.
- Sapere che c'è una via d'uscita ti aiuta a restare dentro. Mi spiego? Altrimenti sarebbe la follia
- Chi ha inventato la scala mobile? Gradini che si muovono. Poi si parla di pazzi. Gente che va su e giù per le scale mobili, negli ascensori, che guida automobili, le porte dei garage che si aprono schiacciando un pulsante. Poi vanno in palestra per smaltire il grasso. Fra quattromila anni non avremo più le gambe, strisceremo direttamente sul culo, o forse rotoleremo come matasse di rovi.
- A volte mi sento come fossimo tutti prigionieri di un film. Sappiamo le battute, sappiamo dove metterci, come recitare, manca solo la macchina da presa. Però non possiamo uscire dal film. Ed è un brutto film.
- Il fatto è che prendere il culo e portarlo un po' fuori da qui mi costringe a guardare l'Umanità e quando guardi l'Umanità devi PER FORZA reagire. È tutto troppo, un horror show continuo. Sì, laggiù mi annoio, sono terrorizzato, ma per il momento mi sento anche una specie di studioso. Uno studioso dell'inferno.
- Non amo particolarmente la gente. Più lontano ne sto e meglio mi sento.
- Non è una gara. Non ho mai desiderato la fama o i soldi. Desideravo buttar giù le parole come volevo io, tutto qua. E dovevo buttarle giù, se no mi prendeva qualcosa che era peggio della morte. Le parole non come qualcosa di prezioso, ma come qualcosa di necessario.
- La razza umana esagera tutto: i propri eroi, i propri nemici, la propria importanza.
- Lo sapevate che i gatti dormono venti ore su ventiquattro? Non c'è da stupirsi che abbiano un aspetto migliore del mio.
- "Mi scusi," ha detto, "lei è Charles Bukowski?"
"Charles Darwin," ho risposto e l'ho piantato lì. - Pensate a tutte le persone che in vita loro non hanno mai sentito musica decente. Non c'è da meravigliarsi che le loro facce cadano a pezzi, non c'è da meravigliarsi che uccidano senza pensarci due volte, non c'è da meravigliarsi che non abbiano cuore.
- A uccidere i dinosauri fu il fatto che si mangiarono tutto quello che avevano intorno, poi si mangiarono fra di loro e quando ne restò uno solo quel figlio di put**na semplicemente morì di fame.
- L'autostrada ti ricorda sempre un po' com'è la gente. È una società competitiva. Vogliono che tu perda così possono vincere loro. E una questione innata e in autostrada viene fuori. Quelli che vanno piano vogliono bloccarti, quelli che vanno forte vogliono superarti.
- Io mi tengo sui centodieci, così sorpasso e vengo sorpassato. Quelli che vanno forte non sono un problema. Gli faccio strada e li lascio andare. Sono quelli lenti che mi irritano, quelli che si piantano a novanta all'ora sulla corsia di sorpasso. E a volte non c'è verso di passare.
- Insomma, non sono riuscito ad ammazzarmi a forza di bere. Ci sono andato vicino, ma non ci sono riuscito. Ora merito di vivere con quello che resta.
- Posso sempre scrivere delle corse, quel grande buco vuoto di niente.
- Agli scrittori piace soltanto la puzza dei propri stronzi.
- Il capitalismo è sopravvissuto al comunismo. Bene, ora si divora da solo.
- Il miglior lettore e il miglior essere umano sono quelli che mi fanno la grazia della loro assenza.
- Nella prossima vita voglio essere un gatto. Dormire venti ore al giorno e aspettare che ti diano da mangiare. Starsene seduti a leccarsi il culo. Gli umani sono dei poveretti, rabbiosi e fissati.
- Tutti dobbiamo morire, tutti quanti, che circo! Non fosse che per questo dovremmo amarci tutti quanti e invece no, siamo schiacciati dalle banalità, siamo divorati dal nulla.
- Non mi fido molto delle statistiche, perché un uomo con la testa nel forno acceso e i piedi nel congelatore statisticamente ha una temperatura media.
- Il mondo vivrebbe molto più facilmente senza libri che senza fogne. E ci sono posti sulla terra dove ce ne sono pochi degli uni e poche delle altre. Io naturalmente preferirei vivere senza fogne, ma io sono malato. Eppure mi alzo e mi sento un guscio vuoto.
- Certe volte questa stanza è l'unico posto dove voglia stare. Eppure mi alzo, e mi sento un guscio vuoto.
- Non so gli altri, ma io al mattino quando mi chino per allacciarmi le scarpe penso: Cristo Onnipotente, e ora? La vita mi fotte, non ce la intendiamo. Devo prenderla a piccole dosi, non tutta assieme.
Il Capitano è fuori a pranzo
La maggior parte della gente non è preparata alla morte, alla propria o a quella di chicchessia.
Ne sono scioccati, terrorizzati. È come una grossa sorpresa. Che diavolo, non dovrebbe esserlo. Io mi porto la morte nel taschino. A volte la tiro fuori e le parlo: "Ciao bella, come va? Quand'è che vieni a prendermi? Sono pronto".
Nella morte non c'è niente di triste, non più di quanto ce ne sia nello sbocciare di un fiore. La cosa terribile non è la morte, ma le vite che la gente vive o non vive fino alla morte. Non fanno onore alla propria vita, la pisciano via. La cagano fuori. Muti idioti. Troppo presi a scopare, film, soldi, famiglia, scopare. Hanno la testa piena di ovatta.
Mandano giù Dio senza pensare, mandano giù la patria senza pensare. Dopo un po' dimenticano anche come si fa a pensare, lasciano che siano gli altri a pensare per loro. Hanno il cervello imbottito di ovatta. Sono brutti, parlano male, camminano male. Gli suoni la grande musica dei secoli ma loro non sentono.
Per molti la morte è una formalità. C'è rimasto ben poco che possa morire. (12/9/91, 11:19 PM; 2000, p. 13)