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Tienimi per mano una poesia di Hermann Hesse

Tienimi per mano al tramonto,
quando la luce del giorno si spegne e l’oscurità fa scivolare il suo drappo di stelle…
Tienila stretta quando non riesco a viverlo questo mondo imperfetto…
Tienimi per mano…
portami dove il tempo non esiste…
Tienila stretta nel difficile vivere.
Tienimi per mano…
nei giorni in cui mi sento disorientato…
cantami la canzone delle stelle dolce cantilena di voci respirate…
Tienimi la mano,
e stringila forte prima che l’insolente fato possa portarmi via da te…
Tienimi per mano e non lasciarmi andare…
mai.. (Herman Hesse)

« Non basta disprezzare la guerra, la tecnica, la febbre del denaro, il nazionalismo. Bisogna sostituire agli idoli del nostro tempo un credo. È quel che ho sempre fatto: nel Lupo della steppa sono Mozart, gli immortali e il teatro magico; nel Demian e in Siddhartha gli stessi valori, solo con nomi diversi. »

(Hermann Hesse, dal libro di poesie Crisi: pagine da un diario) Hermann Hesse (Calw, 2 luglio 1877 – Montagnola, 9 agosto 1962) è stato uno scrittore, poeta, aforista, filosofo e pittore tedesco naturalizzato svizzero, insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1946. La sua produzione, in versi e in prosa, è vastissima e conta quindici raccolte di poesie e trentadue tra romanzi e raccolte di racconti. I suoi romanzi più famosi sono Peter Camenzind (1904), Gertrud (1910), Demian (1919), Siddhartha (1922), Il lupo della steppa (1927), Narciso e Boccadoro (1930) e Il giuoco delle perle di vetro (1943). I suoi lavori rispecchiano il suo interesse per l'esistenzialismo (in particolare Schopenhauer, Nietzsche e Heidegger), lo spiritualismo, il misticismo, non meno della filosofia orientale, specialmente indù e buddhista.

Negli anni '60, ispirandosi alla sua critica al consumismo e al capitalismo americano, fu proprio negli Stati Uniti che Hesse divenne un autore di grido, dopo la sua morte, tra i giovani pacifisti e hippie, che rifiutavano la guerra del Vietnam e la materialità della società occidentale, ma anche il comunismo sovietico. Assieme a Thomas Mann e Stefan Zweig, Hesse è lo scrittore di lingua tedesca del XX secolo più letto nel mondo, tradotto in più di 60 lingue e con circa 150 milioni di copie vendute in tutto il mondo. Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Le persone intelligenti tendono ad avere pochi amici. Il motivo è scientifico...

“Più intelligenza avrai, più soffrirai”…diceva il filosofo Arthur Schopenhauer ed aveva proprio ragione, perché è emerso anche da recenti studi come le persone dotate di "grande intelletto" abbiano però anche più difficoltà a stare bene con gli altri e a star bene in generale nella vita (anche da soli). Potrebbe sembrarvi strano da sentire, ma è così. E’ stato infatti dimostrato scientificamente, che le persone con un Qi superiore alla norma tendono ad essere più infelici e ad avere anche meno amici. La solitudine, quindi, è spesso la triste condanna di chi ha un intelletto superiore alla media.

Perché le persone intelligenti tendono ad avere pochi amici

A dirlo sono stati proprio gli esperti, che con una serie di esperimenti e test sono riusciti ad avvalorare la loro teoria iniziale. Le persone maggiormente brillanti hanno molta difficoltà ad intrattenere rapporti con chiunque. L’intelligenza in questo caso diventa un’arma a doppio taglio che può far apprezzare i misteriosi meccanismi dell’esistenza, aiutare nella vita, nel lavoro e nella scalata al successo, ma senza lasciare però spazio ai sentimenti e agli affetti. Gli psicologi evoluzionisti Satoshi Kanazawa della London School of Economics e Norman Lee dell’Università di Singapore, hanno dimostrato, dopo aver analizzato e intervistato un campione di persone, che i soggetti con un quoziente intellettivo maggiormente elevato hanno poi però più difficoltà a stare accanto alle persone e agli amici. I risultati sono stati poi pubblicati sul British Journal of Psychology e resi noti a tutta la popolazione.

Insomma, più il quoziente intellettivo è alto, minore sarà il bisogno di avere contatti con il mondo esterno e con la gente in generale. In questo modo sarà certamente difficile intrattenere e creare rapporti solidi con gli altri. L’isolamento è un fattore altamente negativo per lo sviluppo delle relazioni interpersonali e quelle intelligenti, da una parte non riescono a star troppo tempo con gli altri e dall’altra parte hanno proprio difficoltà ad inserirsi. Vivono in un mondo più sviluppato e in genere e hanno difficoltà a comprendere i bisogni degli altri. Molti non lo ammettono ma trovano anche nocivo e inutile perdere tempo con persone che potrebbero allentare la loro creatività. Anche altri studi hanno dimostrato come mai è così difficile per queste tipologie di persone stare bene ed avere rapporti con il mondo esterno. Due importanti studiosi, Kaja Perina e Satoshi Kanazawa, hanno dimostrato che chi è intelligente tende anche ad avere problemi di insonnia. Questo a causa dei continui impulsi che il cervello manda. Questo scarso riposo però è negativo e si riflette anche sulla riuscita delle relazioni con il mondo esterno. Tali soggetti, avranno infatti più sonno durante il giorno e cercheranno di isolarsi per fare qualche riposino ristoratore. Da ricordare però, che dormire poche ore e passare la notte insonne porta anche notevoli risvolti negativi legati all'umore, creando nervosismo, tristezza e appunto isolamento. Inoltre gli individui altamente intelligenti tendono a pensare sempre troppo e ad avere poco spazio da lasciare ai sentimenti. Insomma, l’intelligenza delle volte allontana dal mondo esterno e genera tristezza e solitudine.