Pulp [cit.]
Stavo in ufficio, il contratto d'affitto era scaduto e McKelvey voleva ricorrere al tribunale per sfrattarmi. Era una giornata infernale e il condizionatore d'aria era rotto. Sul piano della scrivania stava camminando lentamente una mosca. Allungai un braccio, abbattei il palmo aperto della mano e la spedii all'altro mondo. Mentre mi pulivo la mano sulla gamba destra dei pantaloni squillò il telefono.
- In qualche modo mi persi, cominciai a guardarle su per le gambe. Mi sono sempre piaciute, le gambe. È stata la prima cosa che ho visto quando sono nato. Ma allora stavo cercando di uscire. Da quel momento in poi ho sempre tentato di andare nell'altra direzione, ma con fortuna piuttosto scarsa. (1995, p. 11)
- Ero dotato, sono dotato. A volte mi guardo le mani e mi rendo conto che sarei potuto diventare un grande pianista o qualcosa del genere. Ma che cos'hanno fatto, le mie mani? Mi hanno grattato le palle, hanno scritto assegni, hanno allacciato scarpe, hanno tirato la catena del water ecc. Ho sprecato le mani. E la testa. (1995, p. 13)
- L'uomo nasce per morire. Che significato ha? Stare lì ad aspettare. (1995, p. 15)
- L'inferno era come te lo facevi tu. (1995, p. 17)
- Roba da matti. La signora Morte era matta. Io ero matto. I piloti degli aerei erano matti. Non guardate mai il pilota. Salite a bordo e ordinate da bere. (1995, p. 18)
- "Belane, sei svitato?" "Chi lo sa? La pazzia è relativa. Chi stabilisce la normalità?" "Non lo so." (1995, p. 21)
- A volte pensavo al fegato, ma lui non parlava mai, non diceva mai: "Smettila, tu stai ammazzando me e io ammazzerò te!" Se avessimo il fegato parlante non avremmo bisogno degli Alcolisti Anonimi. (1995, p. 35)
- "Ai vecchi tempi," disse, "la vita degli scrittori era più interessante dei loro romanzi. Al giorno d'oggi non sono interessanti né la vita né gli scritti." (1995, p. 47)
- La mosca stava ancora camminando sulla scrivania. Arrotolai il "Racing Form", le diedi un colpo e la mancai. Non era la mia giornata. Né la mia settimana. Né il mio mese. Né il mio anno. Né la mia vita. Accidenti. (1995, p. 52)
- Mentre aspettavo ammazzai quattro mosche. Accidenti, la morte era dappertutto. Uomini, uccelli, belve, rettili, roditori, insetti, pesci, nessuno aveva la minima probabilità di sfuggirle. Li sistemava tutti. Non sapevo che cosa fare, al riguardo. Mi venne la depressione. (1995, p. 63)
- Poi la porta si spalancò. Ed entrò quella donna. Tutto quello che posso dirvi è che ci sono miliardi di donne, sulla terra, giusto? Certune sono passabili. La maggior parte sono abbastanza belline, ma ogni tanto la natura fa uno scherzo, mette insieme una donna speciale, incredibile. Cioè, guardi e non ci puoi credere. Tutto è un movimento ondulatorio perfetto, come l'argento vivo, come un serpente, vedi una caviglia, un gomito, un seno, un ginocchio, e tutto si fonde in un insieme gigantesco, provocante, con magnifici occhi sorridenti, bocca leggermente piegata in giù, labbra atteggiate in modo che sembrano scoppiare in una risata alla tua sensazione di impotenza. E sanno vestirsi, e i loro lunghi capelli incendiano l'aria. Troppo di tutto, accidenti. (1995, pp. 65-66)
- Decisi di restare a letto fino a mezzogiorno. Forse allora metà mondo sarebbe morta e sarebbe stato meno difficile sopportarla. (1995, p. 79)